lunedì 26 novembre 2007

articolo sulla questione Rom

In occasione della giornata internazionale del fanciullo, lo scorso 20 novembre, promossa dall'Unicef, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, ha lanciato il suo personale appello perchè il Parlamento ed il governo predispongano una normativa che permetta di conferire la ciottadinanza italiana ai bambini stranieri nati sul nostri territorio e comunque dopo cinque anni di presenza.
La dichiarazione del Presidente ha già sollevato reazioni contrastanti, ed è facile immaginarne altre nelle prossime settiomane, tra chi vede con favore tale normativa come una azione umanitaria verso i bambini e chi invece legge nell'appello un altro abbassamento delle difese contro l'immigrazione clandestina. Basta pensare ai fatti di questi giorni nel comune di Cittadella, e ai tentativi della Lega di impedire anche la richiesta di residenza.
Per la verità Napolitano ha anche ribadito che l'integrazione dei giovani, particolarmente rom e romeni, dovrà essere fatta nel pieno della legalità. Ma come spesso succede, quando il clima è arroventato da polemiche, e da contestazioni sull'onda di particolari emotività, si tende a cogliere nei discorsi altrui solo ciò che si vuole. Così è stato anche questa volta e il ragionamento più generale del Presidente si è perso nello scontro di posizioni, sviluppato immediatamente dopo le dichiarazioni.
Il tutto si è inserito sulle polemiche divampate all'indomani dell'uccisione della donna da parte di un romune, presso la stazione della metro a Tor di Quinto a Roma, dagli scontri etnici che ne sono derivati e dalle misure urgenti che il Governo ha ritenuto di dover immediatamente approvare per arginare il fenomeno.
Su queste in particolari si è scagliarta un parte dell'opinione pubblica, ritendendole tardibve e troppo morbide. Non si può nascondere che , pparticolarmente con i rom e i loro insediamenti, ci sia un clima di emarginazione e di sfiducia nella loro capacità di integrarsi nella società italiana. Specie chi vive più da viciono il fenomeno, e spesso perciò i cittadini delle periferie delle grandi aree urbane, si scontrano tutti i giorni nell'eterna loitta con i rom tra i timidi tentativi di integrazione e i palesi atteggiamenti di illegalità, piccoli furti, accattonaggio, problemi più generali legati alle pessime condizioni igieniche e sanitarie.
Cittadini, quelli delle periferie, che spesso si trovano a dover fare i conti con uno sviluppo della città schizzofrenico figli di piani regolatori ignorati o spesso volutamente non approvati, misure che negli ultimi decenni del 900, specialmente dagli anni 50 agli anni 80, hanno creato ulteriori situazioni di disagio, e sui quali si sono insediati prima i campi nomadi dei rom, e in anni più recenti i nuovi insediamenti degli extracomunitari. Una vera miscela esplosiva che deflagra (come accaduto a ponte Mammolo alla periferia romana con scontri tra giovani italiani e rom, a colpi di pistola e bastoni) in una guerra tra poveri e nuovi poveri. Fenomeno che non si ferma certo all'italia, basta pensare alla ripresa delle proteste nelle periferie di Parigi.
Negli ultimi anni il tentativo di riqualificare le periferie, intentato in molte nostre città, ha portato qualche frutto, ma è pur sempre ancora un processo appena avviato.
Molte delle agenzie di volontariato operanti nei territori a più alto rischio, continuano a ripetere che serve una svolta culturale verso i territori e tutti i loro abitanti, italiani, rom ed extracomunitari. Azione che possa coniugare il rispetto della necessaria legalità all'integrazione con i nuovi arrivati, e ai rom che abitano il territorio da molti anni.
Solo cosi facendo, le misure intraprese dal Governo potranno essere pienamente efficaci e non rappresentare un ulteriore occasione persa.
Proprio questo sembrava essere la base del ragionamento che il presidente Napolitano ha svolto nella giornata per l'infanzia, ma che purtroppo in molti non hanno ascoltato per intero.

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